Pubblichiamo la lettera ricevuta da un gruppo di medici ospedalieri e afferenti al nostro Ordine, in risposta ai post apparsi su Facebook da parte del Presidente della Regione Veneto Luca Zaia, in merito alle criticità segnalate del Sistema Sanitario Regionale.
Egregio Governatore Luca Zaia, avremmo certamente apprezzato, senza alcun dubbio, che ci avesse interpellato direttamente, attraverso i Presidenti dei vari Ordini dei Medici provinciali, i nostri rappresentanti sindacali, i Presidenti delle diverse Associazioni. Se poi fosse venuto a trovarci negli ospedali e negli ambulatori per cercare risposte alle sue domande, parlando con medici, infermieri e studenti, ci saremmo sentiti perfino onorati. Ha preferito, invece, il social network Facebook. Le rispondiamo comunque volentieri, stante la particolarità della sua scelta, perché le riconosciamo il coraggio di mettersi in gioco accettando il rischio di commenti non graditi e perché profondamente convinti che tutto ciò rappresenti comunque una possibilità di dialogo.
Da persona pragmatica, quale ha sempre dimostrato di essere, la preghiamo di riflettere sui seguenti punti. Lo strumento di comunicazione da Lei adottato si potrebbe pensare sia utile a reperire informazioni generali, per orientare strategie tecniche, apparentemente proficue sia sul versante del consenso sia sul progetto di autonomia regionale. In realtà, lo conceda, si tratta di informazioni filtrate, spesso edulcorate, ci creda… profondamente deboli. In quest’ottica, il contattarci invece direttamente, creando un dialogo con la “milizia” del sistema sanitario, Le avrebbe dato chiavi di lettura nitide, spunti preziosi in quanto lontani da possibili logiche personali di portavoci sanitari. Ci avrebbe inoltre fatto sentire parte utile e protetta del suo elettorato, manifestando apertamente oltre tutto il suo interesse per le sorti del SSN.
1300 i medici mancanti in Veneto. Questo numero va aumentando velocemente in virtù della forbice progressivamente più ampia tra entrate e uscite nel mondo lavorativo sanitario. Entro pochi anni, ne mancheranno altri 1000, se non saranno introdotti i correttivi necessari. Prima di analizzare le cause di questo deficit, vanno però preventivamente spiegate alla popolazione due semplici cose: Il taglio del personale sanitario (così come dei posti letto) è stato fortemente voluto sia dalle Regioni (e di questo, il Veneto se ne è sempre fatto un vanto) sia dallo Stato, in epoca di recessione, come potente manovra di risparmio. Oggi si è costretti a parlare di questo deficit essendo fallito anche il tentativo di colmarlo con l’assunzione di medici stranieri. La sanità trevisana aveva cercato di aprire la strada, dando mandato alla Camera di Commercio di reperire medici specialisti nei paesi dell’est Europa. La missione è fallita completamente, ma chi ha avuto il coraggio di cercarne i reali motivi ? Eppure è tutto così chiaro! Il nostro Paese, ahimé, non è in alcun modo appetibile: la remunerazione è tra le più basse in Europa; al contrario, godiamo di uno dei tassi più elevati di cause civili, con i medici quotidianamente vessati dall’abuso di querele, spesso presentate al solo scopo di sfruttare il procedimento penale per scopi risarcitori.
Cancellare il numero chiuso. L’ingresso degli studenti nelle varie Università, compresa quella di Medicina e Chirurgia, non deve essere necessariamente chiuso o aperto, ma unicamente commisurato alle reali necessità del Paese, con proiezioni di media - lunga durata. Non ha alcun senso ridurre gli ingressi quando non si ha bisogno di medici e aprirli completamente quando invece non vi è alcuna possibilità di futuro impiego. In questo momento, comunque sia, il numero di studenti in medicina è teoricamente adeguato.
Aumentare i posti nelle scuole di specializzazione. Questo è attualmente il vero imbuto: elevato numero di neolaureati, basso tasso di specialisti. Problema noto edevidenziato da anni, non è mai stato volutamente affrontato. Vanno indiscutibilmente aumentate, sempre in maniera commisurata, le borse di studio nelle varie specialità. Che lo sviluppo dei corsi di specializzazione avvenga in strutture universitarie o ospedaliere, poco importa. Ciò che realmente conta è che la formazione sia effettiva e tesa ad una progressiva autonomia dell’operatore sanitario. Finora la formazione degli specializzandi è sempre stata invece considerata semplice forza lavoro sostitutiva e a minor costo, a scapito di una adeguata formazione, da completare poi quasi sempre con percorsi personali e quasi mai strutturati. Questa formazione, per essere serena ed efficace, dovrebbe essere garantita da forme di assicurazione speciali per tutor e discenti ovviamente a carico della struttura sanitaria.
Inserimento nei Pronto Soccorso giovani medici non specializzati, perché diano una mano nella gestione delle urgenze. Chi vorrebbe arrivare in Pronto Soccorso ed essere accolto da un giovane medico che ha la responsabilità di decidere se un codice bianco è davvero un caso di poca rilevanza clinica, escludendo che un problema potenzialmente serio si celi dietro una finta banalità? Succede, sa. Perché, in realtà, l’ambiente delle urgenze-emergenze è tra i più complessi in assoluto, in cui l’occhio clinico, solo se favorito dal bagaglio di anni di esperienza sommati a una formazione medica consolidata, è quello che salva la vita al Paziente. Non è quindi un caso se il maggior numero di concorsi con assenza di candidati è proprio per assunzioni a tempo indeterminato in Pronto Soccorso. Secondo lei, organici carenti di personale come potrebbero dedicarsi alla formazione di giovani specializzandi, senza esporli invece al rischio di danno al Paziente e, direttamente, a se stessi?
Pensionati. È davvero anacronistico che da una parte con la quota 100 si spinga i professionisti ad anticipare il pensionamento, per liberare posti di lavoro, e che nel contempo ai medici si chieda subito dopo di rientrare per colmare le gravi carenze strutturali. Sarebbe a questo punto più opportuno incentivare i medici a procrastinare il pensionamento, attraverso possibilità di avanzamento di carriera attualmente congelate e attraverso percorsi lavorativi che prevedano una riduzione dei carichi di lavoro clinici (ad es guardie di 12 ore, notturne e festive) a netto favore di incarichi di formazione e affiancamento per trasmissione delle varie competenze ai colleghi più giovani. Attualmente i colleghi pensionati riciclati rientrano in servizio solo ed unicamente perché ravvisano la possibilità di guadagnare con pochi turni feriali e diurni cifre di gran lunga superiori a quelle di chi, oltre ai precedenti turni, debba aggiungere anche i turni notturni e festivi. Risulta quindi semplice capire come l’incentivazione dei primi corrisponda all’umiliazione dei secondi.
Formazione. Il sistema ideato di aggiornamento è davvero assurdo e paradossale. Si viene obbligati a garantire ogni anno un numero adeguato di crediti che certifichino l’aggiornamento, e contemporaneamente… si rende impossibile la partecipazione agli eventi formativi per carenza di personale. Le ricordiamo che teoricamente il nostro contratto prevedrebbe 3,5 ore settimanali, su 38, da destinarsi alla formazione. Se venissero rispettate, così come ufficialmente richieste e poi ufficiosamente negate, il numero di medici mancanti sarebbe di gran lunga maggiore a quello da lei denunciato. Quasi una beffa. Sono state inserite clausole nelle varie assicurazioni professionali per colpa grave, per cui la mancanza di aggiornamento adeguato costituisce grave indizio di conseguente imperizia del medico coinvolto in contenziosi legali. Quanto si vuole andare avanti?
Caro Governatore, ora arriva la parte più importante: nei suoi interventi, non vi è un solo cenno ad incentivi per i sanitari attualmente in servizio. Lei sa che molti medici, formati, esperti, stanno pensando di cambiare mestiere perché non gratificati? E non si parla di una gratificazione meramente economica, si parla di gratificazione sociale, mediatica [sì, mediatica], sgravio da carichi di lavoro non condivisi, o eccessivi. Un medico deve andare al lavoro sereno, nella consapevolezza che la sua unica missione è curare l’ammalato. Non può perdersi in burocrazia, sovraccarichi di lavoro, turni massacranti per coprire un collega assente in un contesto di organico ridotto all’osso per “ottimizzare le spese”. La Sanità non è un’azienda di bulloni.
E poi…
Ci consideri come una parte ancora possibile del suo elettorato, e che rappresenta il punto cruciale del sistema e delle cure, assieme agli altri professionisti sanitari. Ci aiuti ad ottenere un rinnovo del contratto, congelato da ormai 10 anni. Ci difenda da questo mare crescente di cause legali, quasi sempre senza risarcimento. Ci aiuti a liberarci dal continuo ricorso a cause penali per scopi risarcitori. Permetta gli avanzamenti di carriera per merito. Ci conceda il tempo di aggiornarci senza obbligarci a seguire corsi on–line su argomenti che nulla hanno a che fare con le nostre specialità. Lasci che esami, diagnosi, terapie, sistemi di prevenzione, vaccini, vengano guidati da studi scientifici e non imposti sulla base di correnti di opinione. Torni a separare le strategie politiche dalla gestione medica del malato. Ci liberi dall’ossessione di aderire ostinatamente a linee guida per non incorrere in problemi assicurativo-legali. Ci ridoni la serenità necessaria per prendere decisioni gravi ed il cui peso nessuno potrà alleviare. Ci sgravi dalle mille pastoie burocratiche e ci lasci tornare accanto ai nostri pazienti. Ci aiuti a curare la nostra comunicazione con chi soffre, garantendoci un tempo adeguato… tempo di cura. Ci aiuti e ci troverà al nostro posto, per il Bene del Paziente, ciascuno nella propria quotidiana trincea, più numerosi di quello che pensa.
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Medici assieme per la tutela del Sistema Sanitario Regionale